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Inaugurata a Rovigo la mostra su Henri Cartier-Bresson e l’Italia

Inaugurata a Palazzo Roverella l’esposizione che, dal 28 settembre 2024 al 26 gennaio 2025, ospiterà la più grande mostra monografica italiana dedicata a Henri Cartier-Bresson. Più di 160 fotografie e numerosi documenti per raccontare il rapporto tra Henri Cartier-Bresson e il Bel Paese.

Palazzo Roverella ha aperto le porte della mostra Henri Cartier-Bresson e l’Italia. L’ormai tradizionale appuntamento con la grande fotografia internazionale, inaugurato da Robert Capa, proseguito con Robert Doisneau e Tina Modotti, continua ora con il maestro della fotografia francese.

Dal 28 settembre 2024 al 26 gennaio 2025, 160 fotografie, molte delle quali opere vintage, e numerosi altri documenti, ricostruiscono, per la prima volta, in maniera esaustiva e approfondita il rapporto tra colui che è stato definito “l’occhio del secolo” e l’Italia.

La mostra, promossa da Fondazione Cariparo, Comune di Rovigo e Accademia dei Concordi, con il sostegno di Intesa Sanpaolo, è realizzata in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi e la Fondazione CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino e prodotta da Dario Cimorelli Editore. L’esposizione, a cura di Clément Chéroux, e Walter Guadagnini, direttori delle rispettive Fondazioni di Parigi e Torino, rappresenta già un’occasione inedita e imperdibile per ripercorrere le tappe di un viaggio che attraversa l’Italia dagli anni Trenta sino al momento in cui Cartier-Bresson abbandonò la fotografia, negli anni Settanta.

L’Italia in trasformazione

Henri Cartier-Bresson amava profondamente l’Italia. Aveva solo 24 anni quando vi mise piede per la prima volta, abbandonando la pittura per raccontare, attraverso la sua inseparabile Leica, un Paese uscito a pezzi dal Fascismo e devastato dalla guerra, ma pronto a intraprendere un cammino verso il boom economico, non privo di contrasti e contraddizioni.

Era il 1932 quando, in compagnia del poeta André Pieyre de Mandiargues e della pittrice Leonor Fini, Cartier-Bresson attraversò l’Europa e l’Italia, immortalando con i suoi primi scatti città come Trieste, Firenze, Livorno, Siena, Napoli e Salerno. Tornerà nel 1951, ormai celebre per la sua mostra al MoMA di New York e per la fondazione dell’Agenzia Magnum nel 1947.

Durante questo nuovo viaggio, realizzerà numerosi reportage per riviste internazionali come Life, Vogue, e Harper’s Bazaar. È il decennio della ricostruzione: a Roma, la gente mangia ancora spaghetti per strada, e la città, pur rimanendo legata alle sue radici, comincia a mostrare i primi segni di trasformazione, in parallelo con l’evoluzione stessa del grande fotografo.

Ma è nel sud Italia che Cartier-Bresson realizza alcuni dei suoi scatti più celebri: le immagini di Scanno e L’Aquila, ormai iconiche, sono entrate a pieno titolo nei libri di storia della fotografia e nella memoria collettiva del Novecento. Nuovamente a Roma, cattura i mutamenti di una città che si espande verso le periferie, alle prese con il traffico crescente e animata dalla presenza dei grandi intellettuali dell’epoca: Pier Paolo Pasolini, Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Giorgio de Chirico. Negli anni Sessanta fotografa la vibrante Napoli, e negli anni Settanta un’Italia segnata dalle fabbriche e dalle manifestazioni di piazza.

Con il suo sguardo attento, Henri Cartier-Bresson non ha tralasciato nulla: ha raccontato un’intera nazione con equilibrio perfetto tra occhio, mente e cuore, lasciando un segno indelebile sulla storia del secolo scorso e su quella dell’Italia.

Una mostra imperdibile

Questa esposizione è la prima e unica occasione dedicata interamente allo sguardo di Henri Cartier-Bresson sull’Italia. Un Paese che amava profondamente, soprattutto per la vivace vita di strada, che gli offriva l’opportunità di cogliere quegli “istanti decisivi” che hanno reso celebre il suo lavoro.

Nonostante siano stati realizzati numerosi progetti sui suoi viaggi in India, Messico, Stati Uniti e Spagna, non è mai stato realizzato un’esposizione interamente dedicata al suo legame con l’Italia, pur essendo uno dei Paesi più fotografati dal maestro.

La mostra offre quindi una doppia chiave di lettura:

da una parte, il percorso intimo e professionale di Cartier-Bresson, che si dipana attraverso oltre trent’anni di carriera; dall’altra, il ritratto corale, sociale e paesaggistico dei territori italiani da lui immortalati, rivelati in tutta la loro autenticità.

Attesissima ancor prima dell’inaugurazione, questa mostra non è solo un evento di grande rilievo per Rovigo, ma un appuntamento di portata nazionale. Un’occasione imperdibile, che conferma una volta di più l’eccellenza e l’attualità della proposta culturale di Palazzo Roverella.

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