Il presidente della Giuria del Premio Angelo Ferro per l’innovazione nell’economia sociale, prof. Giovanni Bazoli, traccia un bilancio dell’ultima edizione, offrendo una visione tanto lucida quanto profonda sul senso profondo del Premio e sulle sfide che stiamo affrontando.
Come ogni anno, la giuria del Premio Angelo Ferro si è cimentata nell’arduo compito di selezionare, fra 246 progetti, quelli che meglio rappresentano la creatività, l’impegno civico e la capacità di generare impatto positivo nelle comunità.
Le iniziative premiate hanno dimostrato non solo originalità e visione, ma anche una profonda attenzione ai bisogni reali delle persone e dell’ambiente.
A conclusione di questa edizione, il Presidente della giuria, prof. Giovanni Bazoli – Presidente Emerito di Intesa Sanpaolo – ha voluto esprimere alcune riflessioni sul percorso svolto e sul valore che queste esperienze portano al dibattito sull’innovazione sociale. Parole che offrono una visione tanto lucida quanto profonda sul significato del Premio e sulle sfide che stiamo affrontando.
Le considerazioni finali di Giovanni Bazoli
Sono davvero felice di presenziare anche quest’anno alla cerimonia conclusiva del Premio Angelo Ferro per l’innovazione sociale, giunto alla sua nona edizione.
Venire a Padova in questa occasione significa entrare in contatto con energie vive, giovanili, che esprimono valori autentici.
Attraversiamo un periodo storico in cui si fatica a conservare ragioni di speranza. Il gelo demografico dei nostri Paesi occidentali è lo specchio di società che sembrano non avere più fiducia nel futuro, che non scommettono più sulle risorse della vita. Anche il diradarsi della pratica religiosa tra i giovani non viene visto con preoccupazione soltanto dai credenti, perché denota l’inaridirsi di ideali fra le nuove generazioni.
Si fanno sempre più insistenti i dubbi sulla tenuta dei sistemi democratici: molti si chiedono se non convenga affidarsi a sistemi o addirittura a regimi che non vengano sottoposti continuamente a verifiche elettorali. In America, nel paese che è ancora (ma forse non lo è già più) guida del mondo, si è insediato un presidente che sta sovvertendo, con decisioni imprevedibili e irrazionali, non solo l’economia globale, ma tutte le regole della convivenza civile.
Non vado oltre per non essere considerato un pessimista. Al contrario, ho accennato al clima in cui viviamo solo per sottolineare come sia confortante, per me e per tutti, essere qui per il Premio Ferro.
Questo Premio rappresenta un antidoto, raro ma validissimo, alla perdita di speranza nel futuro della nostra società.
Esso consente di scoprire quanti, senza clamore, lontano dai riflettori dei media, fanno innovazione nell’ambito sociale, e lo fanno ogni giorno, con costanza e concretezza. Il Premio porta alla luce centinaia di progetti non solo benefici ma anche innovativi. Con due aspetti che meritano di essere specialmente segnalati.
Il primo è che si tratta di progetti prevalentemente concepiti e realizzati da giovani. Il secondo è che le iniziative che qui veniamo a conoscere sono realizzate da ragazze e ragazzi che aiutano carcerati, ammalati gravi, disabili, soggetti emarginati, privi di assistenza e di diritti: vale a dire, gli ultimi nella gerarchia sociale.
Anno dopo anno, il Premio Ferro sta assumendo un valore emblematico: oltre che una ragione di fiducia nel futuro della nostra società, è diventato un osservatorio, una vera a propria “banca dati” del Terzo Settore. Gestisce infatti e tiene aggiornato il bene che si continua a fare nel nostro Paese.
Le forme giuridiche sono le più diverse (associazioni, imprese sociali, organizzazioni di volontariato, enti ecclesiastici, cooperative, fondazioni), ma identico è lo spirito che anima le iniziative che veniamo a conoscere e premiare. Uno spirito fatto di solidarietà, di generosità e di carità; ma diciamolo in una sola parola: uno spirito di fratellanza, secondo l’insegnamento di Papa Francesco, che ha scritto un’enciclica per ricordarci che siamo ”fratelli tutti”.
Grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, soprattutto alla tenace volontà del suo presidente, Gilberto Muraro (che dobbiamo tutti ringraziare), e grazie alla Fondazione Zancan, questa “banca dati del bene”, che ci tramanda la memoria del caro e grande Angelo Ferro, cresce di anno in anno. E ci restituisce il ritratto di un’Italia diversa: non rassegnata ad assistere inerte alla sofferenza dei più deboli e sfortunati. Un’Italia che mette in campo forme nuove e originali di sostegno agli “ultimi”.
Il Premio Ferro è davvero diventato un presidio e un emblema di fiducia in questa Italia.
Perché attesta che i giovani non sono rinserrati in una bolla egoistica, in un recinto digitale da cui non sanno uscire. Che ci sono valori capaci di mobilitare le nuove generazioni. Che nelle nostre città e nei nostri paesi, nonostante i banchi semivuoti nelle chiese, non è venuta meno una religione civile della carità e delle opere.
Grazie dunque a tutti voi, soprattutto a voi giovani, che sulla strada pietrosa per Gerico, nelle nostre città, non tirate dritto come fecero il sacerdote e il levita della parabola evangelica, ma soccorrete l’uomo percosso e umiliato. Siete il Buon samaritano dei nostri tempi, e lo siete in forme creative, sempre nuove, che ogni anno ci sorprendono e nutrono la nostra speranza.
Giovanni Bazoli – Presidente Giuria Premio Ferro e Presidente Emerito Intesa Sanpaolo