Uno studio che ha coinvolto 1600 persone con disabilità delle province di Padova e Rovigo ha approfondito i bisogni delle famiglie e delle persone con disabilità e ricostruito i sistemi di offerta territoriale. Il convegno “Con noi e dopo di noi: quali scelte per il futuro” è stato l’occasione per discutere i risultati dello studio e condividere possibili scelte future capaci di migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità. Ecco come è andata.
Un forte senso di incertezza, soprattutto per quanto riguarda il futuro, e la percezione che le risposte della società dal punto di vista del welfare diventeranno presto insufficienti per soddisfare bisogni primari come reddito, lavoro e assistenza.
È questa la fotografia della disabilità che emerge dopo il convegno “Con noi e dopo di noi: quali scelte per il futuro”.
Organizzato dalla nostra Fondazione in collaborazione con la Fondazione “E. Zancan”, il convegno ha presentato i risultati di uno studio che ha coinvolto 1600 persone con disabilità delle province di Padova e Rovigo e le loro famiglie.
Uno studio che ha approfondito i bisogni delle famiglie e delle persone con disabilità e ricostruito i sistemi di offerta territoriale.
Oltre alle famiglie e alle persone con disabilità, sono stati ascoltati anche i soggetti istituzionali (in particolare l’Azienda Ulss 5 Polesana e l’Azienda Ulss 6 Euganea) e sociali (soggetti del privato sociale, associazioni di familiari) che si occupano di disabilità nel territorio delle due province fornendo così un quadro approfondito sulle criticità e sulle opportunità del sistema assistenziale del territorio.
Cosa emerge dallo studio
Il 16% del campione ha grandi difficoltà ad arrivare a fine mese con le risorse economiche disponibili e un ulteriore 22% fa fatica ad arrivare alla fine del mese. Tali difficoltà sono più marcate a Rovigo e tra chi ha un’invalidità compresa tra il 74% e il 99%. Chi si prende maggiormente cura della persona con disabilità sono i genitori (37%) o la mamma da sola (30%) o i genitori con fratelli/sorelle (9%).
Per il 59% i servizi sociosanitari rispondono “abbastanza” ai bisogni, per il 22% “poco”, per il 12% “molto” e per il 7% “per niente”. I motivi principali di chi ha scelto “poco” sono la scarsità di servizi (50,4%), il costo da sostenere (14%), la burocrazia e i tempi lunghi, con scarsa continuità (7%).
Le risposte ricevute dalle persone con disabilità sono “molto/abbastanza adeguate” rispetto agli attuali bisogni di assistenza (67%), sviluppo delle abilità (61%), condizione abitativa (60%), socializzazione (58%) e mobilità (54%). Viceversa, per altre tipologie di bisogno, prevalgono giudizi di inadeguatezza: lavoro (64% “poco/per niente adeguate”), formazione (55% “poco/per niente adeguate”), condizione economica (54% “poco/per niente adeguate”).
I bisogni che aumenteranno di più nei prossimi anni sono quelli economici (65%), assistenziali (64%), sviluppo delle abilità (61%), socializzazione (60%), mobilità (57%), formazione (56%) e lavoro (52%).
Vivere in autonomia è possibile?
Lo studio ha analizzato in particolare il tema del “Dopo di noi”.
La legge sul “Dopo di noi”, approvata il 14 giugno 2016, ha messo in luce quanto sia importante accompagnare e sostenere le persone con disabilità nello sviluppo di percorsi di vita il più possibile autonomi.
Percorsi da realizzare prima dell’emergenza, ovvero prima che i genitori vengano meno o non siano più in grado di prendersi cura della persona disabile.
Da molti anni è in atto la ricerca di risposte convincenti e sostenibili per affrontare la questione.
Oggi una persona con disabilità che decide di vivere in autonomia ha di fronte a sé due possibilità: scegliere di vivere in una comunità alloggio (una soluzione ad elevata assistenza indicata per persone con media-grave disabilità i cui costi sono prevalentemente a carico del pubblico) o in un gruppo appartamento (soluzione abitativa per massimo 6 persone dove i costi sono prevalentemente a carico delle famiglie).
Un bivio di fronte al quale le persone con disabilità e le loro famiglie fanno fatica a immaginare una soluzione convincente.
Dallo studio emerge infatti che solo il 15% degli intervistati immagina di poter vivere in un gruppo appartamento, mentre ancora meno (10%) sono quelli che prendono in considerazione l’idea di una comunità alloggio. La soluzione preferita rimane la propria casa, da soli (40%) o con altre persone (35%).
I risultati dello studio (sintesi)
I risultati dello studio d’altra parte sono inequivocabili e dicono che serve un cambio di paradigma che immagini soluzioni per l’autonomia delle persone con disabilità, soprattutto legate all’abitare e al lavoro, che finora non sono state pensate.
La legge 112/16 da sola, in assenza di adeguati strumenti e modelli da seguire, non è sufficiente a garantire le risposte attese, con conseguenti discriminazioni di varia natura. Serve quindi intervenire con azioni sistemiche dove pubblico e privato insieme supportino le famiglie e le persone con disabilità a costruire per tempo il proprio futuro.
Gilberto Muraro – Presidente Fondazione Cariparo