Dopo Milano e Roma, è stata annunciata ufficialmente anche a Rovigo la prossima grande mostra che si svolgerà a Palazzo Roverella e che indagherà il movimento storico-artistico delle Secessioni Europee.
L’esposizione, curata da Francesco Parisi, proporrà per la prima volta un panorama complessivo dei quattro principali centri in cui si svilupparono le Secessioni: Monaco, Vienna, Praga e Roma e ne evidenzierà differenze e affinità nei diversi linguaggi espressivi.
Nella rassegna verranno messi in evidenza gli esiti modernisti della secessione monacense, il trionfo del decorativismo della secessione viennese, il visionario espressionismo del gruppo Sursum praghese fino al crocevia romano e alla sua continua ricerca di una via altra e diversa.
Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in collaborazione con il Comune di Rovigo e l‘Accademia dei Concordi, la mostra di Palazzo Roverella si avvale della prestigiosa collaborazione delle principali istituzioni museali europee, dall’Albertina di Vienna alla Klimt Foundation, dal Museo Villa Stuck di Monaco alla Narodni Galerie di Praga e di altre importanti collezioni museali europee.
I movimenti secessionisti indagati
Scandita per sezioni tematiche dedicate alle singole città europee, la mostra si apre, cronologicamente, con la Secessione di Monaco.
Quando, nel 1892, apparve sulla scena, non presentava una fisionomia ben definita e specifica, ma presto avrebbe assunto quel taglio modernista che sarà definito Jugendstil, titolo derivato dalla rivista «Jugend» che ospitò le illustrazioni della giovane bohème monacense e non solo, arrivando ad includere nel corso degli anni anche artisti italiani.
Al movimento aderirono Franz von Stuck (tra le cui opere sarà esposto il Lucifero, di cui sarà presente anche il bozzetto preparatorio), Ludwig von Hofmann (tra i suoi lavori, Zwei Jünglinge), Carl Strahatman (con Maria), Thomas Theodor Heine (tra le sue opere, I fiori del male). Il focus dell’intera sezione della mostra dedicata alla Secessione di Monaco sarà incentrato principalmente su gruppi di opere prodotte tra il 1898 e il 1910.
La Secessione di Vienna si formò nel 1897 e rappresentò, sin dal suo esordio, l’evoluzione e il superamento di tutte le formule allora esistenti, incluso il simbolismo. Sostenuto dallo scrittore Ludwig Hevesi e dal pittore Gustav Klimt (di cui saranno presenti in mostra opere fondamentali sia di pittura, come Amiche I (Le sorelle) e Signora con il cappello su sfondo rosso, che di grafica come ad esempio il manifesto della prima mostra della Secessione Viennese) al volgere del secolo il movimento iniziò a rappresentare con i suoi compiacimenti astratto-razionalisti e bizantineggianti una visione diversa dell’arte rispetto al Modernismo europeo, estendendo la sua influenza, come la consorella monacense, verso l’area italiana e slava.
Nonostante la Secessione di Vienna sia stata quella con un respiro più internazionale l’attenzione in mostra è posta in particolare sull’aspetto autoctono degli artisti esposti, con particolare rilievo alla pittura, alla grafica e alle arti decorative. In questa sezione, immancabili sono Josef Maria Auchentaller (tra gli altri, Ritratto di Emma), Kolo Moser (Venus in der Felsgrotte), Carl Otto Czeschka ed ovviamente Egon Schiele (suo il magnifico Manifesto per la 49° mostra della Secessione Viennese).
La Secessione di Praga prese forma in una serie di gruppi di artisti più o meno organizzati, che a partire dal 1890 si ritrovarono a manifestare le loro idee in aperto contrasto con l’arte ufficiale boema. Tra i primi movimenti modernisti sicuramente il ruolo di apripista lo ebbe il gruppo Manes, sorto singolarmente nell’accademia di Monaco, ma presto trasferitosi a Praga nel tentativo di riformare l’arte nazionale Ceca. Attorno al 1910 si formò invece il più celebre gruppo Sursum, che manteneva al suo interno diverse anime, da quella più espressionista e Nabis di Josef Vachal (The Good Fortune of Chance) a quella più finemente tardo simbolista di Frantisek Kobliha e di Jan Konupek (sua la splendida Salome) fino allo scultore Jaroslav Horejc (suo lo splendido Orpheus esposto). Dato il grande sviluppo dell’illustrazione, del disegno e dell’incisione, circa un terzo dell’intera sezione sarà costituito da opere su carta.
A differenza delle secessioni europee, che mostravano tutte una predisposizione all’estetica simbolista, la Secessione di Roma (1913-1916) aveva una formula diversa, quella dell’esposizione libera e “giovane” che permetteva al suo interno, seppur con alcune limitazioni, lo svilupparsi di linguaggi differenti.
Ben distinta dalle avanguardie futuriste la Secessione romana era legata piuttosto a criteri che appartenevano ancora ad un ambito di “aristocrazia dell’arte” che ne limitava le sperimentazioni più ardite, ma altresì aperta a suggestioni internazionali: la Prima Esposizione Internazionale della Secessione fu l’occasione per vedere in mostra per la prima volta opere di Matisse e dei post-impressionisti, mentre l’anno successivo, alla II Esposizione, accanto a Cézanne e Matisse, furono presenti Klimt e Schiele.
Tra i maggiori rappresentanti della corrente romana, Enrico Lionne (in mostra un suo splendido Nudo), Giuseppe Biasi(Mattino in un villaggio sardo), Aleardo Terzi (Meriggio d’autunno), Plinio Nomellini (splendido il suo ritratto di Grazia Deledda) e Felice Casorati (Ada).